Diario del viaggio in Gran Bretagna

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Giovedì di preparativi e valigiamenti; ci raccomandiamo con Mamma di portare meno roba possibile (un vecchio tormentone delle nostre vacanze), tanto fa un caldo che si schianta, ed è del tutto inutile portarsi dietro due paia di scarpe a testa, i maglioni, etc etc. Intanto deriviamo una presa di corrente dal filo dello sbrinalunotto per il frigorifero da viaggio, in modo da controllarlo con l'apposito pulsante dall'abitacolo.

Venerdì mattina partiamo di buon'ora, alle 9, con il carrello-tenda stipato di valigie e coperto da tavolo e sedie. Itinerario previsto: verso nord, Monte Bianco, fin dove si arriva. Piove a dirotto. Scopriamo molto presto che il controllo dello sbrinalunotto è un po' troppo furbo: dopo qualche minuto si spenge da solo, per evitare che qualcuno se lo dimentichi acceso. Peccato che è esattamente quello che vorremmo fare noi: lasciarlo accesso per almeno mezz'ora per volta! Ma lui non ne vuole sapere, e siamo costretti a controllare la spia, e ripremere il pulsantino ogni poco. E siccome lo controlliamo io e Marco (dai sedili di dietro) e c'è la radio accesa, si sente spesso urlare "Pulsantino!" oppure "Frigorifero!". Diventa presto insopportabile; peccato che non ci venga in mente un sistema migliore.

Arrivati in Francia, cominciamo a pensare a dove fermarci per la notte. Ho comprato una guida/mappa ai campeggi d'Europa: DeAgostini "Campeggi Europa" ISBN 88-511-00985 €10,30. Non fate lo stesso errore. Ha delle cartine in scala turistica (tutta la Francia in tre paginette) con segnati i campeggi, identificati da un numero. Segue un elenco degli stessi campeggi, con dettagli. Tutto bene, se non fosse che i campeggi sono ordinati alfabeticamente per località, e i numeri siano assegnati a casaccio; inoltre, non sempre un campeggio è elencato sotto la località a lui più vicina sulla mappa; per questi motivi, è piuttosto difficile passare dalla mappa alla descrizione del campeggio. Ho cominciato a segnare a penna sulla mappa il numero di pagina della descrizione di ciascun campeggio. Cmq riesco a trovare alcuni campeggi in zona, e decidiamo di fermarci al campeggio municipale di Mâcon. Proviamo a telefonare, e per due volte ci cade la linea; non è chiaro se ci sono problemi di roaming o se ci sbattono il telefono in faccia. Ci arriviamo lo stesso, e all'ingresso ci chiedono che tipo di tenda o roulotte abbiamo. Tenendo conto che io non parlo francese da una decina d'anni, e Marco non vuol provarci (dice che ha una pronuncia orribile), cerchiamo di farci capire in trilingue (italiano, francese, inglese). Primo problema: come si dice carrello-tenda nelle altre lingue? Finiamo per indicarlo fuor di finestra: ci dicono che è una tenda. Meglio, paghiamo meno. Ci infiliamo in un posto qualunque, cercando di essere vicini ai bagni e alla presa di corrente. Cominciamo ad aprire la tenda, e comincia a piovere. Quasi-finiamo di aprire e ci rendiamo conto che sono le nove e mezza e alle dieci chiude il ristorante. Avremmo anche pane e pasta, ma piove, e non ci sembra il caso di montare la quasi-cucina. Molliamo la tenda e andiamo a mangiare. Ringraziamo Mamma che ha insistito per portare gli impermeabili...

Al ristorante 'Tipì' (nel senso della tenda dei pellerossa) ci sono cameriere carine, gente di varie lingue, e una bella atmosfera. Proviamo a ordinare, ma tra il rumore di fondo, tra che parliamo in tre insieme (sempre in tre lingue), la cameriera si confonde e invece di portarci un filetto al pepe, uno al vino e due tartare ci porta due al pepe, uno al vino e uno scondito. Evitiamo di lamentarci, potrebbe essere scomodo farsi capire. Per chiudere chiediamo due caffè con panna e due cioccolate pure: il caffè ("Espressó") aveva l'unico pregio di essere caldo, la cioccolata era fatta con l'acqua (invece del latte) e il cacao non era stato sciolto (agguato sul fondo); la panna risollevava un po'.

Torniamo alla tenda dopo aver dolorosamente pagato (€78 !!), e troviamo che i tetti si sono riempiti d'acqua (ha smesso di piovere poco prima che uscissimo dal ristorante). Scuotiamo via l'acqua, rischiando di fare diverse doccie e creando un paio di laghetti, e procediamo a picchettare. Scopriamo quindi che il sistema di tiranti della tenda è alquanto carente: solo quattro punti laterali, più due sulla veranda davanti. Tirantiamo e torniamo dentro, anche perché ha ricominciato a piovere. Ci mettiamo a dormire nonostante tutto.

Primo giorno: 880Km

Sabato mattina ci svegliamo chi prima chi dopo, e notiamo che sta ancora piovendo, che i tetti sono di nuovo pieni d'acqua, e che fa piuttosto freschino. Ringraziamo Mamma per aver insistito per portare i maglioni. Io me ne sono scordato... mi infilo una camicia. Aspettiamo che smetta di piovere, andiamo a far colazione, di nuovo al Tipì non avendo molta scelta (siamo fuori paese). Chiediamo due cappuccini, due caffè e due cornetti. Il capuccino è il caffè con la panna della sera prima: stavolta non è neppure caldo. Il caffè è in tazza più piccola, ma non è migliore. I cornetti sono panosi e salati (???). Lasciamo perdere.

Richiudiamo il carrello-tenda: "In che ordine si piega?" "Tira di là!" "No, no, prima qui" e cose del genere. Finalmente chiuso, rileghiamo tavolo e sedie (un po' zuppi dalla nottata di pioggia) e via verso nuove avventure.

Itinerario previsto: nord, nord-ovest, fino a Calais, evitando di passare vicino a Parigi. Meno male che abbiamo comprato una cartina Michelin abbastanza dettagliata. Io navigatore.

A proposito di frigorifero. L'abbiamo messo nel bagagliaio, e si è quindi presentato il problema di tenere fresco il lato caldo dello scambiatore di calore. Al centro del sedile posteriore è presente uno sportello per il trasporto di oggetti lunghi, tipo pali, con un'estremitå nel bagagliaio e l'altra tra i sedili anteriori. Inoltre tra i sedili anteriori è presente una bocchetta dell'aria che soffia indietro. Babbo ha prontamente tagliato via il fondo da un flacone di lubrificante, facendone una specie di bocchetta da aspirapolvere, e al collo ha nastrato un largo tubo di gommapiuma. Così adesso abbiamo un tubo che dalla bocchetta dell'aria va al frigorifero nel bagagliaio, passando in mezzo tra me e mio fratello, seduti dietro. Ricorda un po' il "flusso canalizzatore". Sta flussando...

Arriviamo a Calais. Ci appropinquiamo al porto per prendere il traghetto; ci sono due linee: "P&O Stena" e "Seafrance". Babbo parcheggia e io e Marco andiamo a prendere il biglietto. Vado per il bigliettaio P&O, leggo su un cartello prezzi spaventosi (€270 per macchina?!?). Chiedo alla Seafrance: 4 persone, automobile, rimorchio. Se partiamo subito (19:15) e torniamo oltre cinque giorni sempre in orario da prezzo alto sono €860, se partiamo alle 20:45 e idem sono €670. Mi spavento, faccio scrivere le cifre e torno da Babbo per conforto. Non conforta molto... molliamo macchina a carrello e entriamo tutti dal bigliettaro. Proviamo P&O, stessi prezzi, ma per il "ridotto" dobbiamo aspettare le 22:30. Torniamo da Seafrance e facciamo il biglietto solo andata; costa un pelo più ma almeno possiamo tornare quando ci pare (b:"Fra quanto tornate?" io:"Dieci giorni, giorno più giorno meno" b:"Tornate di sabato, domenica o infrasettimanale?" io:"Facciamo solo andata che è meglio...") Ci pelano €356. Check su saggezza dc 18 per non incazzarci. Fallito miseramente. io:"Ma perché i prezzi sono così alti?" b:"È estate" io:"Ma coi soliti soldi ci sono andato in Australia!" b non risponde...

Facciamo due passi per il parcheggio per sbollire, con scarsi risultati. Decidiamo di metterci in fila per l'imbarco con largo anticipo; ci infiliamo dietro una macchina dall'aspetto inoffensivo. La tizia del controllo biglietti ci fa cenno di tornare indietro; esco per mettere la retromarcia al carrello e un solerte dirigitraffico mi dice che la macchina davanti a noi ha un cane, per cui servono circa dieci minuti per passarlo (al setaccio?). Cambiamo corsia e ci infiliamo dietro una macchina con targa britannica e occupante di etnia camitica; la controlla-biglietti gesticola, agguantiamo il solerte e chiediamo delucidazioni. Entra nel gabbiotto e non scappa più. Cambiamo corsia di nuovo; finalmente passiamo. Nota: per fare il biglietto abbiamo dovuto dare targa della macchina e documenti di tutti, per passare il controllo biglietti pure. Fanno più controlli che in aereoporto!

Traversata senza niente da riportare, tranne forse che ci attacchiamo a una presa di corrente per ricaricare un po' di pile.

Scendiamo a Dover, telefoniamo a Lena, e ci accorgiamo che non abbiamo la più pallida idea di come muoverci: siamo senza mappa! Imbocchiamo la strada sbagliata, torniamo indietro, vediamo un cartello di campeggio che ce lo promette vicino. Seguiamo. Ci ritroviamo in una stradina di campagna; non siamo molto sicuri di aver capito bene il cartello. Altro cartello, seguiamo. Via così per tre o quattro volte, attraversiamo un caratteristico paesino, la cui via principale sembra essere Station Road, e finiamo in un campeggio molto carino e molto chiuso. Caso caso passano degli italiani, che ci dicono che l'ufficio ammissioni ha appena chiuso. Da alcuni indizi (cartelli) deduco che è disponibile un'apposita area per i ritardatari: basta mettere in una busta i propri dati e i soldi e parcheggiare; la mattina dopo si regolarizza il tutto. Non abbiamo sterline! Metto un biglietto promettendo che avremmo pagato la mattina dopo, parcheggiamo, montiamo il carrello (senza veranda, senza picchetti). Facciamo una frugale cenetta al quasi buio di una torcia elettrica, formaggio (italiano) col pane (francese), e ci infilianmo a letto.

Secondo giorno: 750Km + 1h30 di traghetto

Mattina fredda e umida. Usiamo i bagni del campeggio, smontiamo il carrello, paghiamo (carta di credito) e via di nuovo. I cartelli stradali sono sconcertanti: distanze i miglia, limiti di velocità che ci sembrano in chilometri (la stradina di campagna ha limite a 50), guida a sinistra coi cartelli a destra... oh boh. Ci muoviamo verso Dover per cercare di acquistare un po' di sterline, ma fra che il centro ci sfugge (ma esiste? sembrano solo moli e aziende di trasporto), fra che è domenica mattina presto, lasciamo perdere e ci infiliamo sulla M20 per Londra, sperando che in zone più civilizzate abbiano agenti di cambio e vendano cartine.

Decidiamo di dirigerci verso il camping di Chertsey, segnato sulla guida DeAgostini; senza cartina non è facile, ma decido di prendere la M25 (London Orbital). Lungo la via ci fermiamo in un area di servizio dove prendiamo una cartina del Regno, una di Londra, e una colazione (balorda come al solito) da £9.6. Quanto le cartine. O le cartine costano poco, o i self-service/bar rubano. Forse entrambe.

Proseguiamo per Chertsey, facciamo un giro pèsca in paese e entriamo nel campeggio. La cortese tizia ci accoglie e ci spiega che siccome c'è il fiume vicino, e noi non abbiamo prenotato, non può farci entrare: chiedo delucidazioni; mi spiega che il fiume provoca allagamenti per sorgive, e quindi devono stare attenti a chi/quanti fanno entrare. Non capisco ugualmente il nesso, ma lascio perdere, anche perché ci indica un altro campeggio vicino. (E)Seguiamo e ci ritroviamo in un parcheggio con parco giochi. Ci avviciniamo a una struttura che sembra un ufficio, però sono bagni pubblici. Backtrack e troviamo un cancello, apribile a mano, per cui entriamo a piedi e arriviamo alla roulotte della reception. Non sembra esserci nessuno, ma dopo poco arriva una signora roca che ci ammette al campeggio: Marco paga meno (adulti == sopra 18), la macchina va lasciata fuori, ci dice lei dove metterci. Quando le spiego che abbiamo un carrello-tenda ci dice che possiamo usare anche l'elettricità. Piazziamo tutto: camere, veranda, cucina, picchetti, stuoia per pavimento, attacco alla corrente.

Prepariamo il pranzo: spaghetti al pesto; peccato essersi dimenticati del sale. Facciamo finta di niente, e mangiamo proprio bene.

Rapide pulizie, e partiamo per andare a trovare Lena. Grazie a un biglietto con l'indirizzo, una mappa, e i cartelli stradali, prendiamo solo tre svolte sbagliate e allunghiamo di soli 60Km. Menomale che abbiamo i telefoni, e con qualche aiuto telefonico da Lena riusciamo ad arrivare. Chiacchiere varie, controllo Internet per dove stia il museo dei carrarmati (Bovington esiste, ma è troppo piccolo per la mia mappa; ce l'ho aggiunto a mano), e quanto costano i traghetti per l'isola di Man (troppo, mi sa che evitiamo), cena al cinese. Molto buono, cameriera simpatica che vuo imparare l'italiano, chiacchiere. Prima di cenare passiamo da un alimentari e facciamo provviste (il sale!).

Torniamo indietro senza sbagliare strada, mettendoci meno di un'ora. A letto.

Lunedì mattina sveglia tranquilla, colazione latte e caffè, docce. Babbo parte con la bustina, ma ci accorgiamo dopo un po' che non ha preso lo shampoo. Né il sapone. Vado là per portarglieli e/o fare la doccia, e scopro che si è lavato col sapone da barba. Spray. Sconcertato, mi infilo a mollo.

Lavati tutti partiamo per il centro; decidiamo di prendere il treno da Shepperton. Il bigliettaio non c'è, usiamo la macchinetta automatica che è un po' carente sul lato feedback (le lucette non si vedono molto di giorno), ma ce la facciamo. Ci avviciniamo al binario e vedo il bigliettaio che ha appena aperto: chiedo se ho fatto il biglietto giusto (travelcard, 1 giorno): conferma, partiamo.

Dopo un bel po' di treno e metro, arriviamo in Oxford Circus, e decidiamo di mangiare. Andiamo per panini, e ci accorgiamo che anche i panini da poco non sono proprio "da poco"; vabbè, qui è tutto caro.

Giretto in Forbidden Planet, qualche libreria, qualche negozio in Oxford Street. Verso le cinque decidiamo di fare Carnaby Street. Arriviamo in Great Marlborough Street e Babbo dice "quell'edificio con quel galeone sopra... mi dissero che era qualcosa di importante..." e io "è Liberty!" Passiamo un'ora dentro. Tra gli acquisti: cartoline non-turistiche (io), coniglietti di pezza a sconto (io e Marco, per regali), saponi (Mamma). Dopodiché Carnaby Street la facciamo quasi a corsa perché vogliamo arrivare presto fuori centro per comprare qualcosa a un alimentari. Metro fino a Waterloo, dove però i negozi stanno chiudendo (sono le sette); entriamo ina vineria/alimentari poco estetico, se non altro ha qualcosa e sembra essere l'unico aperto. Torniamo in stazione e via in treno. Arrivati a Shepperton facciamo un giro in macchina e notiamo che: abbiamo almeno un alimentari vicino (probabilmente tre), e possiamo usare il parcheggio accanto alla piazzola (fuori dal recinto). Cena con pasta al sugo e wurstel inglesi; speriamo bene...

Martedì mattina: volevamo fare un altro giro per Londra, ma è una bella giornata e decidiamo di andare a vedere Duxford, dove c'è un museo dell'aviazione. Tanti aerei, più o meno interi, più o meno esaminabili. Facciamo anche un voletto su un preguerra restaurato.

Ritornati a Shepperton, ceniamo nel pub "The Kingfisher" vicino al campeggio. Roba buona, cameriere carine e simpatiche.

Mercoledì mattina partiamo per visitare la nave "H.M.S. Belfast". Molto riverniciata, sa un po' di finto, di "nave in bottiglia" per turisti. Purtroppo l'aria in famiglia non è delle migliori, e il pomeriggio in Portobello (peraltro piuttosto disadorna) si trascina dolorosamente. Serata semi-muta, cena in campeggio.

Giovedì partiamo sperando in meglio. Tappe: centro info in Regent St. per sentire di spettacoli (voglio una serata a teatro! però devo trovare qualcosa che non spalli i non anglofoni...), ristoranti (li voglio portare a un giapponese), e amenità varie. Segue giro allo Science Museum, e in pomeriggio molliamo Marco al "Game On" e ce ne andiamo per musei (vorrei fare un salto alla Tate Modern).

Prevedibilmente il programma non funziona... al centro info scopriamo che: gli spettacoli vanno prenotati MOLTO in anticipo (quando dico alla signora "domani sera" quasi si mette a ridere); di ristoranti giapponesi ce n'è anche troppi; il tunnel sotto la manica dovrebbe costare £99 auto+tutti quelli che ci sono dentro. Ormai è oltre mezzogiorno, quindi andiamo a pranzo al giapponese dove ero stato marzo 2001 ("Hi Sushi", Firth Street), ma non mi convince troppo: buono il ramen, ma forse il resto poteva venire meglio; la prossima volta ne provo un altro. A questo punto decidiamo che SM e un'altra esposizione prendono troppo tempo, e andiamo solo allo SM. Più o meno è come l'avevo lasciato. Ci facciamo sbattere fuori (chiude alle 18). Salto in un internet point per leggere la posta di Marco (ovviamente un SSH non sanno neppure che cosa sia, i permessi sono messi bene, quindi io niente), e cercare (hanno le pagine gialle) un ristorante argentino per una bistecca; sembra che di argentini non ce ne siano, ci accontentiamo di una bisteccheria nord americana. Che si dimostra un po' inferiore alle aspettative (già non molto alte): peccato. Dopo cena giretto per le pittoresche vie di Soho (pittoresche solo sopo il tramonto, di giorno non danno particolarmente nell'occhio), e poi via a casa.

Per tutta la giornata ci sono stati problemi con la metropolitana: linee semi-chiuse, binari inaccessibili, ritardi. Mi convinco sempre di più: la underground non è fault-tolerant nemmeno un pochino.

Venerdì partiamo di buon mattino verso Bovington e il museo dei carri armati. Io e Mamma non siamo molto entusiasti. Marco non è molto attento al fuso orario, e invece di svegliarci alle sette e mezza (GMT) ci sveglia un'ora prima (aveva lasciato il Palm su CST). Per cui la definizione di "buon mattino" va presa con le pinze. Cmq andiamo. Marco navigatore, e se la cava abbastanza.

Il museo in effetti non è granché: carri armati di diversi periodi, ma bene o male il design è sempre lo stesso; per di più non sono neppure tenuti molto bene: tanto stucco e vernice, pochi restauri seri.

En retournant ci fermiamo a Southampton, passiamo da un bar e poi da un quartiere che dovrebbe essere di antiquari: in pratica ci sono negozi chiusi da tempo, in via di apertura, e qualcuno che avrebbe anche potuto essere aperto, ma fa orario 11-16.30, e sono le cinque e mezza. Domanda: come si fa a campare in un posto relativamente costoso come il Regno Unito (almeno la parte meridionale, e i prezzi a Southampton non sono diversi da quelli di Londra) vendendo cianfrusaglie per cinque ore al giorno? Che smercio avranno mai? Non ho le risposte.

Sabato a Lower Basildon. Partiamo con calma, verso le dieci e un quarto; alle undici siamo là. Lena sta ancora preparando, ci mettiamo a sedere in giardino e attacchiamo gli stuzzichini. Un po' in ritardo (causa traffico sulla M25 London Orbital) arrivano Ellen, Robert e Steven. Nonostante siano diversi anni che non li vedo, devo dire che hanno sempre la stessa faccia. Saluti e abbracci, poi a tavola: è poco dopo l'una. Antipasto di salmone e insalata, poi agnello arrosto al cartoccio con contorni di verdure varie e una specie di tabule, formaggi e frutta, e infine Pavlova. Tale torta fu da me assaggiata nel mio primo viaggio nel Regno Unito, quando con mia cugina fummo ospiti prima di Ellen a Londra e poi di Lena in L.B. Un giorno si riunirono molti dei fratelli e sorelle Palmizi, e Kathy moglie di John preparò, e noi mangiammo con molto gusto. Trattasi di maringa particolarmente plastica, formata a mo' di ciotolona, contenente frutti di bosco e panna montata per coperchio.

Il pomeriggio è proseguito in chiacchiere più o meno leggere, più o meno traducibili, comprese storie di famiglia, discussioni su arte e storia, consigli per cose da vedere. Io e Marco facciamo del nostro meglio per far partecipare anche Mamma e Babbo, ma dopo un po' diventa impossibile, e lasciamo che gli inglesi si chiacchierino tra di loro. Verso le sei e mezza ci alziamo da tavola e salutiamo.

Dopo cotanto pranzo cena in tenda a base de tè e biscotti.

Domenica mattina partiamo di buon'ora alla volta del mercato di Camden Town, indicatoci da Ellen. Si tratta di un mercatino di strada, in cui vendono soprattutto accessori/abiti in pelle, trabiccoli per fumatori di hashish, e ammennicoli che sarebbero sembrati pacchiani negli anni '60. Dopo qualche giretto perdiamo ogni speranza di trovare qualche cose di interesse, per cui ci avviamo verso la stazione della metro. Che non è quella da cui siamo entrati, in quanto dalle 13 alle 18 di domenica resta chiusa. Il fatto che siano appena le undici non sembra di particolare rilevanza alle porte, che rimangono ostinatamente chiuse. Sulla strada troviamo cartelli che indicano un altro mercatino, nel quale troviamo cose complessivamente di scarso interesse, ma che almeno non attentano alla nostra salute (fisica e/o mentale).

L'obiettivo è adesso Buckingham Palace, dove Mamma vuole ammirare il Cambio dell Guardia della Domenica, che dovrebbe tenersi a mezzogiorno. Alle 12 e 20 siamo lì, ma non si vede traccia di Cambi, di Guardie o di gente a guardare. Un cartello dietro la cancellata avverte che, tranno in caso di pioggia eccesiva, il prossimo cambio si terrà domani alle 11.30. Ci sentiamo un po' presi per i fondelli. Gioronzoliamo fino alla cattedrale di Westminster, pago cinquanta sterline a una libreria, ci facciamo avvel^H^H^Hsfamare da un Pizza Hut, e ci avviamo alla Tate Modern gallery, in tre. Abbiamo infatti lasciato Marco, subito dopo il mercatino, sulla via del Barbican, per visitare la mostra semi-storica di videogiochi 'Game On'. Appena arrivati alla Tate Marco telefona: ha già finito. Pensava di starci cinque ore, gliene sono bastate due e mezza. Babbo va a prenderlo, io e Mamma ci ingalleriamo. Non provo neppure a descrivere: andate a vederla. Se non siete come mio fratello, almeno. Abbiamo passato la serata a discutere di cosa sia arte e cosa no, di che importanza possa avere sforzarsi di capire certi tipi di arte (compresa l'arte visiva dell'ultimo secolo, oggetto della TM, ma non solo), e abbiamo concluso che a Marco non serve, quindi non gliene importa niente. Oh beh.

Cena in tenda. Andiamo a letto e comincia a piovere. Brutto presagio per la chiusura del carrello domattina.

Domattina - errr - la mattina dopo, lunedì, ci svegliamo e non piove più. Facciamo colazione e esce il sole. Oh bene! Smontaggio del carrello, docce, e via dal campeggio. Molliamo il carello davanti alla reception e andiamo a fare spesa: serve del pane per la cena e del tè da regalare. Con un po' di giri per Chertsey e una pausa all'ufficio postale (furbescamente nascosto dentro un alimentari) per spedire le cartoline, troviamo il troppomercato Sainsbury's. Usciamo un'ora e centodue sterline dopo, riempiendo il bagagliaio della macchina di cose inutili ma gustose (e/o costose, com'era prevedibile). Via verso Dover, con pausa pranzo in apposita area di servizio. Nella quale noto, uscendo, un cartellino annunziante che BT ha attivato un servizio 802.11b nella zona. Blocco i miei e vado a prendere il Mac. Aggancio la Airport alla rete, ma per uscire serve un account; non c'è scritto da nessuna parte come si ottiene, ma da indizi sparsi credo di poter dedurre che è solo per dipendenti di aziende che hanno fatto convenzioni con BT. Quindi niente Rete.

Nel frattempo abbiamo chiesto conferme (via telefono e servizi info) sul prezzo del tunnel: non so dove avessero pescato i £99 al centro informazioni, ma ora ci confermano £340 o giù di lì. Dopo tutto il traghetto costa meno...

Dopo qualche altro miglio arriviamo a Dover, dove sbagliamo corsia, poi riusciamo a fare il biglietto, poi imbocchiamo la via del traghetto, poi ci accorgiamo che manca più di un'ora, quindi prendiamo l'uscita, ci facciamo fermare da un impiegato della dogana tra l'impaurito e l'incazzato, a cui dobbiamo (i.e. devo) spiegare che abbiamo sbagliato strada; stranamente ci lascia andare. Per ammazzare il tempo proviamo ad andare (carrello compreso) a vedere il castello di Dover. Dopo varie vie sbagliate (ormai sta diventando inevitabile) scopriamo che bisogna pagare £7.50 a testa; già è un furto, poi nell'ultima area di servizio abbiamo cambiato tutte le sterline (compresi un po' di spiccioli) di nuovo in euro. Quindi torniamo verso i moli, e ci infiliamo in attesa.

A bordo ci buttiamo in un divano e aspettiamo. Ci viene sete: il bar "Le Pub" accetta solo sterline. Come sarebbe a dire? È una linea francese, le prese della corrente sono francesi, le scritte sono in francese prima che in inglese, e non accettate euro? Ci dicono che gli si è rotta la macchina: e che macchina serve? Un cassetto? Un riconoscitore di euro falsi? Boh! L'altro bar dovrebbe accettarli. Peccato che l'altro bar abbia un grande assoritmento di beveraggi: CocaCola, Fanta, acqua, Heineken. Prendiamo una coca e un succo di frutta.

Scendiamo a Calais, e la nostra potente guida ai campeggi ci dice che non ci sono campeggi in un raggio di 70 Km. Usciamo dall'autostrada e chiediamo al casellante: ce n'è uno a tre Km. Trattasi di hotel due stelle con campeggio quattro. Babbo decide di approfittare dell'albergo, e del ristorante. Mangiamo, dormiamo, colazione, conto.

Via verso sud: ci ributtiamo in autostrada. Piove e nebbia, piove e piove, piove e piove e nebbia. Volevamo passare una quasi giornata a Reims e vedere la Champagne: piovendo decidiamo di passare oltre. Ci fermiamo ad un'area di servizio (terzo tentativo) e ci facciamo scambiare €32.50 (199F08) per una bottiglia di Pommery, e facciamo pranzo. Marco prende un "Anduillette grillée", che risulta essere un budello ripieno dall'odore nauseabondo e sapore vomiteabondo, perdipiù invadente e contagioso: pure le patatine a contorno diventano difficilmente mangiabili; manco a dirlo resta molto nel piatto. Non piove più, e ripartiamo. Visto che siamo ancora in Champagne, usciamo dall'autostrada e seguiamo l'apposito cartello "Strada turistica della Champagne". Ci inoltriamo per colline, vediamo vigne, ci fermiamo in paesino davanti ad azienda vinicola, proviamo ad entrare, e una tizia lì davanti ci dice che sono chiusi; Babbo chiede se qualcuno è aperto: no, sono tutti chiusi, per vacanze. Dopo questa illuminante conversazione in francese e italiano ci scoraggiamo e torniamo in strada. Io mi addormento, e Babbo vede un cartello per strada annunciate che nella ridente cittadina di Nogent fanno "coutellerie"; data la passione di Babbo e Marco per lame e affini, decidono di mettersi alla ricerca del paesino, per fortuna presente sulla nostra altrimenti spesso manchevole mappa. La mappa si domostra infatti di scarso aiuto, indicando le strade da seguire ma non come esse siano connesse. Per fortuna un apposito oriundo ci indica la via, che noi riusciamo prontamente a mancare. Siccome fare le manovre col carretto non è particolarmente agevole, sbagliare strada porta fastidi e scomodità che mettono a seria prova la pazienza di Babbo. Per fortuna in questo caso prendiamo la via giusta dopo due soli tentativi. La via si rivela non particolarmente breve, ma dopo una decina di chilometri arriviamo presso la suddetta località coltellaia. A questo punto mi sono svegliato abbastanza da far notare che in francese "coutellerie" indica più "posate" che "coltelli"; Babbo fa notare che "posate" include "coltelli". Proseguiamo ignorando il problema. Nogent contiene: un museo della coltelleria, un cesso pubblico sudicio, il comune, un (1) negozio di coltelli e affini, una Citroën 11CV (ta), un'impresa di pompe funebri chiusa (per sempre), due fabbriche di strumenti chirurgici fatti a mano (con alta probabilità di essere chiuse), vari negozi in vari stati di chiusura, un videonoleggio indietro di due-tre mesi, e qualche abitante "stupefacente". Dal coltellivendolo acquistiamo, con sprezzo del pericolo, lame varie, compresi due pelapatate. Il pericolo deriva dal cane da guardia del titolare, addestrato ad azzannare chi allunghi mani dentro le vetrine: Marco, non fosse stato per la padrona, ci avrebbe rimesso qualche pezzo (ad altezza di cane). Dopo aver notato l'estrema desolazione del luogo, fuggiamo cercando miglior albergo per la notte. Per la strada ho la malaugurata idea di far notare un cartello con su scritto "Fonte pietrificante". Nonostante io lo dica dopo l'incrocio su cui compare il cartello, dieci metri dopo passiamo un altro incrocio con lo stesso cartello: Marco decide di seguirlo. Finiamo su un cucuzzolo boschito, con parcheggino completo di vecchiette in macchina ad aspettare (non sapremo mai chi o cosa), da cui si diparte un sentiero pieno di lumaconi arancioni che porta ad una sorgente su un mucchio di muschio: dai cartelli scopriamo che l'acqua è molto calcarea, per cui copre di sali i muschi, i quali si "pietrificano". Noi ci restiamo un po' di sasso, ma andiamo via lo stesso. Evitiamo di fermarci in un campeggio muncipale che sembra più un campo nomadi (non custodito), e proseguiamo. Un cartello giallo (con una scritta nera) ci indica un campeggio: ci arriviamo quasi senza sbagliare strada. Apriamo il carrello, cuociamo un po' di maiale inglese, beviamo del sidro (dal bottiglione tre litri che Marco è fiero di aver acquistato), biscottini e a letto.

Mercoledì, ultimo giorno. Ci alziamo di buon'ora (prima delle otto!), smontiamo il carrello, incasiniamo la disposizione del carico (c'è un gran movimento di roba dal baule della macchina a dentro il carello e viceversa), e partiamo. L'idea è quella di andare fino a casa. Poco dopo essere usciti dal campeggio Babbo gira verso un centro città: siamo a Langres. Ci fermiamo in una piazza, parcheggio a parchimetro: occupiamo quasi due posti ma paghiamo per uno, nessun vigile in vista. Babbo aveva visto una scatola di legno stile Caldelli, ma probabilmente non è delle sue. Facciamo un giro e una pausa in pasticceria. Io e Marco nasiamo in un negozio di giocattoli e modellismo, Marco prende un modello della Yamaha R1. Fuggiamo.

Autostrada verso sud, fino alle Alpi, con pausa pranzo in mezzo. Verso il Monte Bianco veniamo bloccati all'ingresso della bretella autostradale: c'è un'automobile contromano, non fanno entrare nessuno. Per fortuna se la sbrigano rapidamente, e possiamo passare. Cena in Autogrill italiano, e siamo a casa venti minuti dopo la mezzanotte.

Chilometri totali percorsi: circa 4800.

DateCreato: 2003-01-31 18:49:54 Ultima modifica: 2009-08-18 13:10:59