================ Metromeccanica ================ Volume 1 ======== :Autore: Franco Scopinich :Trascrizione: dakkar@thenautilus.net :Pubblicazione: 1991 :Version: $Revision$ .. image:: vol1/cover.png Premessa -------- Chi si accinge a leggere questo libro di metromeccanica deve sapere che non può trattarsi di un manuale di metromeccanica. Perché questa scienza, nel 1991, non esiste. Cioè: cominica a ora ad esistere poiché nasce con questo libro, e con le prime invenzioni cui l'autore ha voluto attribuire questo aggettivo, per intendere un nuovo tipo di meccanica assolutamente diversa dalla tradizionale ed i cui principi generali verranno, nei limiti di ciò che l'autore al momento sa, enunciati in seguito. Chi si accinge a leggere questo libro, che non è distribuito come gli altri libri, deve sentirsi impegnato (perché, se lo sta leggendo, lo può fare) a proseguire nel cammino che qui inizia, scoprendo, realizzando o divulgando quanto potrà nascere da questa nuova scienza. Non è infatti nelle intenzioni dell'autore, che conosce i suoi limiti, scrivere i volumi successivi al primo. CAPITOLO 1 ---------- Primo Principio della Metromeccanica ~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~ In mancanza di altri principi, questo è il primo. Se a qualcuno dei lettori verrà in mente qualcosa di più valido sono disposto a concedergli questo primato, ma non ritengo comunque che questo meriti meno della seconda posizione. “Un meccanismo metromeccanico deve realizzare autonomamente ciò per cui è stato creato” Trattandosi di "cose" che prima non esistevano non ritengo il termine "creato" eccessivo. Comunque va bene anche "progettato". Innanzitutto ciò vuol dire stravolgere completamente il punto di vista abituale; pensare all'effetto per crearne la causa capovolgendo la meccanica convenzionale. E vedrete nel seguito quanto ciò possa dimostrarsi utile. Nella meccanica tradizionale (che secondo l'autore non riesce a staccarsi dalle ben note radici medioevali) un meccanismo può raggiungere il suo scopo in un modo qualunque. E, se non lo raggiunge in modo soddisfacente, è lecito aggiungere un altro meccanismo che ne "corregga la rotta". E, se questo non risulta sufficiente, è molto probabile che se ne aggiungerà un altro. E così via. Si è arrivati al 1991 continuando a mettere "pezze" su invenzioni che dovrebbero ormai essere dimenticate da lungo tempo. L'informatica è sembrata a molti la soluzione giusta per risolvere i problemi ma è riuscita solo a creare nuove "pezze", talmente sofisticate da riuscire quasi a nascondere il rozzo meccanismo originale. L'autore precisa che sta, in questo momento, servendosi di un computer e che, abitualmente, ne utilizza altri tre; per cui è ben lontano da negarne l'utilità. Il problema è: se da Venezia devo raggiungere Milano, vado ad est o ad ovest? Una soluzione è: se vado a piedi ad ovest ci metto più tempo che andando in aereo ad est. La meccanica del 1991 usa un aereo che circumnaviga il globo, la metromeccanica suggerisce di andare ad ovest con un altro mezzo che non siano i piedi. (L'aereo va bene) Delegando all'informatica la soluzione dei problemi di una meccanica sorpassata si accettano i limiti che noi stessi fissiamo nel fornire le indicazioni da elaborare. Un servomeccanismo che sia programmato per risolvere una cinquantina di condizioni diverse, come reagirà alla cinquantunesima? E si può essere certi che la cinquantunesima si verificherà. ---- Un meccanismo metromeccanico, quindi, deve creare autonomamente la condizione per cui è progettato: se è un freno, la sua condizione normale è di essere frenato (e l'anormale è di essere libero) se è un cambio di velocità la sua condizione normale è di essere in "presa diretta" (l'anormale è di essere in "prima"), se è un veicolo spaziale la sua condizione normale è di essere nello spazio (l'anormale è di essere sulla rampa di lancio) e così via. A proposito: *Problemino* per la N.A.S.A. Per mettere in orbita il "Columbia" occorrono x Tonnellate di "carburante"; per mettere in orbita il "Columbia" più le X tonnellate di carburante che occorrono per metterlo in orbita, occorrono y tonnellate di carburante; per mettere in orbita il "Columbia" + le x tonnellate che occorrono per metterlo in orbita + le y tonnellate che occorrono per mettere tutto questo in orbita occorrono z tonnellate di carburante ... omissis ... *Domanda*: quanti serbatoi di carburante saranno necessari per mettere in orbita il "Columbia" e tutto il resto? *Risposta*: Tre. Ma molto grandi. CAPITOLO SECONDO ---------------- Secondo principio della Metromeccanica ~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~ Vale la stessa premessa del primo. “Un meccanismo metromeccanico deve tendere, sia nella progettazione che nella realizzazione, alla massima semplicità” Secondo l'autore, questo principio è altrettanto valido del primo, anche se a prima vista non parrebbe. La ricerca di un mezzo semplice (ed efficace) per risolvere un problema in modo "metromeccanico", porta spesso il ricercatore sulla buona strada per congegnare un valido dispositivo metromeccanico. È importante ignorare completamente quanto già esiste e partire da zero. E poi "ottimizzare tutto". (Senza rinunciare all'indispensabile). Ottimizzare il numero dei componenti in un meccanismo metromeccanico vuol dire, oltre che ridurre il costo della sua realizzazione, ridurre inutili attriti e consentire alle forze in gioco di svolgere la loro "attività" senza sprechi di energia. Spessa la genialità va d'accordo con la semplicità. Se l'idea di partenza è geniale, non bisogna appesantirla con sovrastrutture inutili. E se invece le sovrastrutture sono utili, può voler dire che l'idea di partenza non è geniale. Qualche indicazione utile a comprendere questo secondo capitolo c'era già nel primo; altre seguiranno nei capitoli successivi. A proposito: *Problemino* per una ditta costruttrice di Cambi automatici. Un cambio automatico a 4 marce è già lungo quasi un metro, per trasformarlo in un cambio automatico a 5 marce bisogna aggiungere un tot di ruotismi epicicloidali, di frizioni elettromagnetiche, di ingranaggi vari etc. Domanda: come si fa? Risposta: la si fa lungo mezzo metro in più, si chiede alla dita che costruisce la vettura di spostare più in là tutto quanto possibile (anche il guidatore, se necessario) e, soprattutto, lo si chiama con un nome che suoni bene. E sembri intelligente.