================ Metromeccanica ================ Volume 2 ======== :Autore: Franco Scopinich :Trascrizione: dakkar@thenautilus.net :Pubblicazione: 1993 :Version: $Revision: 281 $ .. image:: vol2/cover.png Introduzione ============ Questo secondo volume di Metromeccanica esec a soli due anni dal primo. Non era nelle intenzioni dell'autore, che anzi aveva già fissato per il primo volume la scadenza del 31.12.1999, sfornare un secondo volume. Oltretutto perché aveva promesso di non riprovarci più lasciando ad altri il compito di proseguire nel cammino della Metromeccanica. Tant'è, la vita serba sempre sorprese; e questo, per i "fortunati" che si accingono a leggere queste pagine, potrebbe anche essere di quelle piacevoli. In effetti, come previsto, sono tante le cose da "metromeccanizzare" e la ricerca in tal senso potrebbe - e dovrebbe - coinvolgere molti. In attesa che ciò avvenga, però, l'autore non riesce a frenare i propri "intinti creativi" ed ecco così, un giorno, saltar fuori: "l'Antigravità e la Velocità infinita", un altro giorno: "300 cavalli in più per la Ferrari", un altro ancora: "Scover, un velocipede rivoluzionario" e così via. Motivo di questo secondo volume, quindi, è presentare ciò che in questi due anni è "nato" dalla prodiga Metromeccanica e rinnovare a tutti l'invito ad interessarsi a questa nuova Scienza. Se non altro, per evitare che sia ancora lo stesso autore a tediarli con il Terzo Volume. Capitolo 1 ========== La meccanica dell'equilibrio ---------------------------- L'equilibrio delle forze in atto è il primo principio a cui ispirarsi nella realizzazione di un meccanismo metromeccanico. Dice infatti il primo principio della Metromeccanica che **“Un meccanismo metromeccanico deve realizzare autonomamente ciò per cui è stato creato”**. E nessuno, finora, ha pensato di convincere l'autore a modificarlo o a retrocederlo di qualche posizione (vedi volume 1). Una volta raggiunto questo obiettivo, rimane solo da creare la condizione anomala che modifica tale stato nella certezza che poi il meccanismo stesso ritroverò autonomamente l'equilibrio. Ripeto che è esattamente l'opposto di ciò che abitualmente si fa: in Metromeccanica si crea l'effetto e poi si adegua ad esso la causa; sembra un assurdo e invece è una delle chiavi fondamentali di questa nuova Scienza. Nel perseguire questi duo obiettivi, è utile tener presenti i duo successivi principi della Metromeccanica: niente attriti (il minimo indispensabile) e semplicità costruttiva (strutturale e funzionale). Ripeto quanto già espresso nel primo volume (ora con ancor più convinzione): “La genialità va d'accordo con la semplicità: se l'idea di partenza è geniale, non bisogna appesantirla con sovrastrutture inutili. E se invece le sovrastrutture sono utili, può voler dire che l'idea di partenza non è geniale.” La prima novità di questo secondo volume è il **QUARTO PRINCIPIO DELLA METROMECCANICA:** “In un meccanismo metromeccanico, la combinazione di forze di diversa natura permette di ottenere forze risultanti che sfuggano ai limiti imposti dalle leggi della Fisica.” A parte la non trascurabile caratteristica di "dribblare" così sfacciatamente le Leggi della Fisica, rivoluzionando quanto da molti ritenuto fondamentale (anzi tassativo) per l'uso delle Forze, sottolineo la filosofia di questo Quarto Principio - che è la filosofia stessa della Metromeccanica - : "Non dare mai nulla per scontato e immutabile, non ritenersi mai giunti ad una scienza esatta (in nessun campo), non considerare nulla perfetto e, soprattutto, non ascoltare mai chi, represso nel genio da lunghi e barbosi studi, accetta solo ciò che già esiste ed accoglie qualunque nuova idea con arrogante ostilità e ottusa sufficienza. "Ma ne vale la pena?" è l'osservazione più clemente. "Non funziona, punto" è la regola. ---- La tecnologia attuale tende a limitare la ricerca verso una Scienza dei piccoli miglioramenti: da ciò che già esiste, si ricava il "nuovo" mediante piccole, insignificanti modifiche cui si usa dare, troppo spesso, l'attributo di "geniale" e "rivoluzionario". "Genio e sregolatezza" si sono ormai estinti da tempo. L'autore vorrebbe, se ai lettori non dispiace, citare quello che potrebbe essere il Quinto Principio della Metromeccanica, testé nato. Potrebbe, perché è data ai lettori licenza di relegarlo a posizioni più infime (La Metromeccanica è perfettibile e non certo, ancora, esatta) o addirittura sopprimerlo. “La scienza dei piccoli passi, fa fare solo piccoli passi alla Scienza”. Rappresenta, comunque, il pensiero dell'autore e quindi, fatto non trascurabile, il pensiero della Metromeccanica (finché questa resterà prerogativa ed esclusiva dello stesso). ---- È abitudine dell'autore confortare ogni enunciato con un esempio pratico (problemino) oppure con una nuova invenzione. Dato che in questo periodo abbondano, l'autore ha preferito le invenzioni: sono meno divertenti dei "problemini" ma certamente più utili. Pertanto, per quanto riguarda il Quarto Principio della Metromeccanica, rimanda i lettori al prossimo Capitolo: "Antigravità e velocità infinita"; per quanto riguarda, invece, il Quinto Principio, a quello successivo: "300 cavalli in più per la Ferrari". CAPITOLO 2 ========== Acceleratore Continuo Metromeccanico: dall'Antigravità alla Velocità Infinita ----------------------------------------------------------------------------- Devo confessare, e chi ha letto il primo volume già lo sa, che vedere la partenza di uno Shuttle mi ha sempre ispirato una sana ilarità (a parte "quella volta" che sapete) così come vedere i filmati, del secolo scorso, sui primi tentativi di volo. Ritengo che, tra non troppi anni, passeranno di diritto a "Blob" o "Oggi le comiche". Metromeccanicamente parlando, ed io non so esprimermi che così, non è accettabile un dispositivo che, oltre al proprio sostentamento, debba provvedere a quello del proprio propellente in misura così enorme da venirne snaturato. (Quei tre serbatoi non riesco a "digerirli"). E frasi tipo: "Il computer principale dice che uno degli altri sette, destinati ai controlli, si sta sbagliando, ma è lui che si sbaglia, quindi lo ignoriamo ecc. ecc." non possono lasciare serio nemmeno l'ascoltatore più distratto. Un computer deve fare il suo mestiere, secondo me, e quindi essere un servitore attento, rapido e preciso. Delegarlo a mansioni che non gli sono proprie è estremamente pericolo. Mi spiego meglio: se si costruisce un meccanismo pieno di difetti e con una instabilità strutturale superiore ad ogni logica, non si può ritenere che sette o dieci o cento computer provvedano poi a correggere tutti gli errori, uno per uno, in "tempo reale". Il computer può "accorgersi" di un errore (solo se è stato esattamente programmato a questo scopo) ma poi, l'intervento riparatore non sarà certo effettuato da lui, bensì da meccanismi lenti, complicati e rozzi che sicuramente non riusciranno a rispettare il già menzionato "tempo reale". Non voglio ripetermi con la frase del precedente capitolo sulle sovrastrutture necessarie e non. Passiamo quindi ad altro. "Gli aerei causano ogni anno meno morti delle automobili", frase di rara intelligenza, utile alle compagnie assicuratrici per fissare i relativi premi e a qualche ottuso statistico per farne la scoperta della sua vita. Che errare sia umano mi è ben noto, che in ogni cosa l'errore sia in agguato, pure; ma quando lo si sa, non esistono più scuse. I motori non possono staccarsi dagli aerei perché (cito) "I bulloni di tutta quella serie erano difettosi"; i temporali, le turbolenze atmosferiche ecc. ci sono noti da sempre: perché invocare la fatalità in tutti gli atterraggi di fortuna (di sfortuna) sulle colline adiacenti gli aereoporti per le "avverse condizioni climatiche"? Proseguo su questo terreno che mi è congeniale (Metromeccanica) e risparmio così, a chi si interessa di medicina, il mio parere su questa scienza, ancora così arretrata, superficiale ed imprecisa, e sui "farmaci miracolosi" che mietono più vittime delle malattie che dovrebbero curare (i fatti successi in Germania, in Francia e, in questi giorni, negli Stati Uniti vi sono senz'altro noti). ---- Guardando il cielo, in una limpida notte stellata, risulta difficile apprezzare le immani distanze che ci separano da quei piccoli punti luminosi. Eppure queste distanze ci sono in gran parte note: sono numeri con troppi zeri per ritrovarli sul contachilometri della nostra auto o di qualunque mezzo "terrestre". Con i mezzi attuali, per raggiungere la stella più vicina ci necessiterebbero decine di migliaia di anni. Assurda quindi l'ipotesi di evolversi "a piccoli passi" su questa strada. Con l'azione-reazione, un mezzo può raggiungere, al massimo, la velocità di ciò che espelle; e questo vuol dire raggiungere velocità solo di qualche migliaio di volte superiori a quelle attuali. Ammesso che ci riesca di "sparare fuori" fotoni e consimili senza coinvolgerci in guai nucleari. Vedo già i titoli: "Per un errore del computer principale (sempre lui, poverino) l'astronave interstellare fotonica Columbia 124 in partenza per Alfa Centauri (che tanto più in là non ci sarebbe dato di arrivare), è esplosa alla partenza causando 12 milioni di morti in Texas, Messico etc. Fortunatamente (lo scrivono sempre, per consolarci) la tragedia non ha assunto più ampie proporzioni: gli altri computer di bordo hanno efficacemente bloccato la fusione termonucleare in tempo per evitare che l'esplosione del nocciolo interessasse tutti gli USA, il Canadà, il Messico (e Cuba, aggiungo, visto che è lì)." SAPETE CHE È COSÌ! Eccoci lì, quindi, alla miserrima velocità della luce (anzi meno) a rigirarci in questo microscopico angolo dell'universo, convinti di aver visto tutto e di essere tanto bravi ed evoluti. E astuti. Concludendo: meglio lasciar perdere e studiare un meccanismo in cui la "spinta" sia assolutamente indipendente dall'esterno (come sostiene il quarto principio), che riesca, cioè, ad "accelerare su se stesso". Solo così si potrà raggiungere la velocità (pressoché) infinita che ci serve. Ma non saranno certo i computer a dirci come fare o i nuovi "carburanti" a permetterci ciò. **Sarà la Metromeccanica.** Un uso saggio delle forze permette di fare "tutto". E l'Universo che ci circonda lo dimostra. ---- Eccoci quindi all'**Acceleratore Continuo Metromeccanico**. Dato che la gente è più sensibile all'antigravità (che sa tanto di magia) che alla velocità e all'accelerazione infinite (che sembrano un po' fantascientifiche), diciamo che il suo primo impiego è proprio come dispositivo antigravitazionale in grado di sostituire tutto ciò che si muove in terra, in cielo e nello spazio. La prima realizzazione, quindi, sarà una scatola perfettamente chiusa e liscia in grado di restare sollevata a mezz'aria; l'ultima, la classica astronave interstellare. Non voglio rendere questo volume troppo "tecnico" per non precludermi una gradita parte di lettori; perciò la spiegazione sarà la più "elementare" e semplice possibile. Chi desiderasse avventurarsi nei dettagli più complessi, potrà richiedermi copia del brevetto che comunque è già accessibile al pubblico. La `figura 1`_ della pagina a fianco mostra una sezione verticale, e semplificata, del dispositivo. Sempre per rimanere nella semplicità più assoluta, diciamo che il dispositivo al centro (R) è un rotore (facciamo motore elettrico); al suo asse (C), tramite 5 snodi (S), sono collegate le 5 pale (P) che recano sul lato esterno una (o più) calamite (magneti permanenti o elettrocalamite). Se il rotore (R) è fermo, le pale si appoggiano sul disco di appoggio (C1) per effetto del loro peso (gravità). Se il rotore è in movimento, le pale tendono a disporsi orizzontalmente per effetto della forza centrifuga. Sul piane superiore (sezione P1) sono collocate 4 calamite (o gruppi di calamite - o elettrocalamite) esattamente in corrispondenza delle sottostanti calamite delle pale (sezione P2). .. _`figura 1`: .. image:: vol2/accel.png Le calamite superiori (G) hanno lo stesso orientamento magnetico di quelle sottostanti (M) cioè tendono a respingersi reciprocamente anziché attirarsi. Quando una pala e la sua calamita, nella rotazione, transitano sotto ad una calamita superiore, ricevono una spinta verso il basso. La calamita superiore riceve, parimenti, una spinta eguale verso l'alto. La spinta verso il basso viene quasi interamente assorbita dalla forza centrifuga (che è quindi il punto d'appoggio cercato): la pala scende verso il basso, senza che questa spinta si trasferisca (se non nella parte dovuta ad attriti e inerzie) al rotore e quindi a tutta la struttura. La stessa forza centrifuga, poi, riporterà la pala nella posizione orizzontale. La spinta verso l'altro del magnete superiore (solidale a tutta la struttura) è una spinta verso l'alto per tutto la struttura. Se la differenza tra queste due spinte (che si ripetono 20 volte ad ogni giro) è pari alla forza di gravità che agisce sulla struttura, si ottiene un dispositivo antigravitazionale. Se è superiore si ottiene un Acceleratore Continuo Metromeccanico. Tutto qui. Per i più puntigliosi, ma solo per loro, aggiungerò che le spinte sono volutamente asincrone, che le eventuali elettrocalamite (sostitutive dei magneti permanenti) possono essere attivate alternativamente, che solenoidi, inseriti opportunamente nella struttura - già piena di campi magnetici - possono recuperare quasi totalmente l'energia necessaria al movimento del rotore, che i rotori possono essere più d'uno, che le elettrocalamite fisse possono essere collocate sulla base, con polarità opposta, che l'insieme si avvantaggerà dell'assenza di aria al suo interno ecc. ecc. ecc. Ma tutto questo, e molto ancora, è già nel brevetto. Per quanto necessario a questo secondo volume di Metromeccanica penso sia sufficiente. E, soprattutto, chiaro. CAPITOLO 3 ========== 300 cavalli per la Ferrari -------------------------- Accennavo nel primo capitolo alla "scienza dei piccoli passi". L'articolo apparso su Quattroruote di Agosto sulla nuova Ferrari di Formula 1 - la F 94 A - è emblematico. Piccoli passi (per lo più indietro - come saggiamente rileva l'autore dell'articolo - per le restrizioni imposte dalle nuova regole '94) che non spostano più di tanto l'ago della bilancia a favore di questa nuova Ferrari. Malgrado l'abbondante use del vezzeggiativo "genio", da parte dell'articolista, di geniale non c'è proprio **nulla**. Non lo sono i sette supporti di banco, non lo sono le scatole d'acciaio speciale, non lo sono le leve al volante o meno, non lo sono i venti cavalli in più, non lo sono i 500 giri al minuto in più. Nulla di tutto questo "rivoluziona" le cose: lo fanno anche gli altri. E, forse, anche meglio. la punta di diamante della tecnologia automobilistica italiana soccombe (e perde colpi - se preferite -) nel confronto con scuderie, anche piccole e meno importanti, che però pullulane di autentici, piccoli "geni". La sospensioni attive, fatte (male) solo perché "anche gli altri le hanno" e poi buttate, per fortuna, nella spazzatura (grazie alle nuove norme) la dicono tutta. Da quanto tempo la Ferrari non vince un G.P.? Dal 1990? Eppure la Metromeccanica nasceva allora: il primo cambio automatico metromeccanico (v. volume primo) veniva depositato nel Maggio di quell'anno e l'autore si affrettava a porgerlo ai tecnici di Maranello (senza richiedere nulla) per far risparmiare, come minimo, quelle diecimila "cambiate" che ogni vettura si deve sobbarcare ad ogni G.P. L'autore pensava, allora, che a un decimo di secondo l'una (quando va molto bene e quando il tutto non si frantuma) si potevano risparmiare parecchi secondi ad ogni giro. E non era poi nell'impossibilità di quei tecnici avanzare "a piccoli passi" (modificando e adattando alle loro necessità il progetto iniziale) in un cammino che avrebbe riservato loro graditissime sorprese. E avrebbe rappresentato una autentica "svolta". Così come una sospensione autenticamente "intelligente", soggetta a Forze e non a bizzosi computer, avrebbe potuto fornire qualche "chanche" in più. Così non fu. E da allora la Ferrari non ha più vinto. Fatalità? Tant'è (come dice il saggio) il filo conduttore degli umani destini - per quanto abilmente mimetizzato, fino a rendersi perfettamente invisibile, nelle trame ben più appariscenti del quotidiano - mostra, alfine, di quale resistentissimo materiale sia fatto. Ora, tanto per buttare lì qualcosa, suggerirei questi 300 cavalli in più per il motore, non 20 o 30, restando strettamente nelle norme. Di anno in anno (a parte le "involuzioni" imposte dalle nuove norme) ciò che si fa per migliorare il motore è: * cambiare i materiali per renderlo più leggero e robusto * cambiare le forme di camere di scoppio, condotti di aspirazione e scarico per sfruttare al meglio le turbolenze * aumentare (o diminuire) il numero di valvole per cilindro perché il motore "respiri" meglio. * farlo girare (il motore) a regimi sempre più alti per trovare lì i pochi cavalli (pochi, perché la "coppia" è lontana e l'incremento non è proporzionale) che servono... PER ESSERE, NON TROPPO, INFERIORI ALLA CONCORRENZA. Ma non si può sperare che in ogni G.P. la concorrenza sia sistematicamente sbaragliata da guai tecnici e da incidenti (anziché dalla superiorità tecnica) per poter raggiungere un "podio". ---- Qual'è esattamente il problema principale di un motore di Formula 1? È che a 15.000 giri al minuto c'è una frazione microscopica di secondo (2 millesimi) per "scaraventarci" dentro qualcosa che poi scoppi. VERO O NO? E se, invece, (dice il Lupo ai Cappuccetti rossi) il Tempo, nella fase di aspirazione, fosse esattamente doppio rispetto a quello della fase di scoppio, cosa succederebbe? Allo stesso regime di rotazione (15.000 giri), dando alle Fasi "a valvole aperte" un tempo doppio rispetto a quelle "a valvole chiuse" (che non risentono minimamente di questa "menomazione") si otterrebbe: ============== ============= ================= ASPIRAZIONE: 0,00267 sec. contro 0,002 sec. COMPRESSIONE: 0,0013 sec. contro 0,002 sec. SCOPPIO: 0,0013 sec. contro 0,002 sec. SCARICO: 0,00267 sec. contro 0,002 sec. ============== ============= ================= Domanda: a quale regime di rotazione, l'attuale motore ha tutto quel tempo a disposizione per l'aspirazione? Risposta: a 11.250 giri. Non molto lontano dal regime di coppia massima. Vi dice nulla tutto questo? Non vi fa pensare che forse con un 33% di tempo di aspirazione in più si potrebbe ottenere, come minimo, un 33% di potenza in più? (Come minimo perché il tempo può essere anche maggiore: il Tempo è un'entità molto "speciale"). Come si fa ad avere tutto questo tempo a disposizione? Semplice: si monta un albero di trasmissione metromeccanico come quello della `pagina seguente`_ e si fanno due o tre insignificanti modifiche alla distribuzione. E si da "la birra" alle Williams. (Scusate, mi è scivolata). Cominciamo: il `disegno in alto`_ rappresenta il movimento biella-pistone ogni 60 gradi di rotazione dell'albero motore (che naturalmente ruota con moto uniforme). .. _`pagina seguente`: .. _`disegno in alto`: .. image:: vol2/motore1.png .. _`disegno in basso`: .. image:: vol2/motore2.png Si nota che le fasi a valvole aperte hanno un angolo doppio (e quindi un tempo doppio) rispetto a quelle a valvole chiuse. Si nota anche che un giro completo dell'albero motore dà luogo a tutte e quattro le fasi. Quindi il manovellismo successivo si avvantaggia di questa rotazione dimezzata. Il `disegno in basso`_ mostra, molto semplificata, una parte dell'albero motore metromeccanico e, per semplicità, le posizione che assume il sistema a 0, 60, 120 gradi di rotazione. "B" sono i supporti di banco, "M" l'albero motore che risulta disassato rispetto al piatto-corona cui è solidale; al centro del piatto-corona, uno snodo "C" permette al satellite "S" di ruotare attorno alla corona stessa. Solidale ad "S" è il piatto che sostiene il piede di biella. Il movimento del satellite e del piatto-biella è obbligato dalle guide "G" ad uno spostamento solo orizzontale. Naturalmente è libero il movimento di rotazione. È facile intuire che il piatto-biella ruota a maggiore velocità quando il satellite "S" è nella posizione più lontana da "M" nel piatto-corona e a minore velocità quando è più vicino. Questa variazione di velocità, inoltre, riguarda solo il moto alterno della biella (e relativo pistone) che, nei motori tradizionali come questo, ha ben altri problemi che "salire" ad una certa velocità e "scendere" ad una velocità diversa. Da notare che, nel punto morto superiore, all'atto dello scoppio, la biella non è perpendicolare: i tecnici apprezzeranno senz'altro e provvederanno ad un congruo "anticipo". Sempre per i tecnici, l'invito è a scrivermi: questa, come spiegazione non tecnica, è stata fin troppo lunga. E spero che la maggioranza di chi legge non si sia già addormentata.