A Mala Debellata

Credevo di essere stato solo, molto solo, molte volte in vita mia, ma mi sbagliavo. Nessuno può essere mai stato solo così come lo sono io, adesso. Chi è stato solo, in qualunque tempo, aveva la certezza che fuori, in un altro luogo, c'erano, ci sarebbero sempre stati, altri esseri umani che, in futuro, avrebbe potuto vedere, sentire; la certezza che la sua solitudine era temporanea, passeggera. Queste certezze non sono per me neppure vane speranze.

Tutto questo a causa di un turista distratto e dello Scudo. Perché scrivere queste cose? Nessun umano potrà più leggerle, nessun essere potrà mai leggerle.

Sono stati necessari seimila anni per costruire la Società, e cinque anni per distruggerla. Sono stati necessari due miliardi di anni per produrre l'Umanità, e cinque anni per distruggerla. E io scrivo, senza speranza, per testimoniare il Tutto, a Nessuno.

Oggi è l'intercalare dell'anno 500 a mala debellata. Sarebbe stato l'inizio di una grande festa. E allora festeggiamo: viva la Società, viva Eutopia, post malorum debellationem condita, fondata cinquecento anni fa, nell'anno 2600 secondo la numerazione in uso allora, nell'anno della malorum debellatione: grazie all'ingegneria genetica si riuscì a rendere la specie umana immune da ogni malattia conosciuta e, si pensava, sconosciuta, e ad elevare la durata della vita oltre ogni limite immaginabile: fino a cinque anni fa nessuno della nuova stirpe era morto, e la popolazione era stabile sui due miliardi di esseri uma- ni. Anche le malattie e le anomalie mentali erano scomparse: ogni mente vivente è - era - normale.

In quello stesso anno in cui fummo protetti da ogni insidia interna al nostro corpo, fummo protetti anche dalle insidie esterne: fu attivato lo Scudo, un campo di forza che impediva - e tuttora impedisce, e per sempre impedirà, finché esisterà questo pianeta -, a qualunque corpo, particella o radiazione al di fuori della luce visibile di penetrare nell'atmosfera. E questo significa niente più raggi cosmici, niente più radiazioni dure, niente più mutazioni, niente più malformazioni.

Anche il processo di stabilizzazione dell'economia e della società venne portato a termine quell'anno: i sogni di tutti i filosofi divennero realtà: tutti i lavori sono svolti dalle macchine, senza alcun intervento umano; ciascuno può usare tutto ciò di cui ha bisogno, nessuno possiede alcunché. Il crimine ha perso significato: non lo genera il bisogno, che non esiste più, non lo genera la follia, che è stata eliminata, non lo genera l'invidia o il rancore, ché siamo - eravamo - tutti davvero uguali, senza nessun bisogno di gerachie, di comandanti e comandati, di controllori e controllati. Eutopia, la chiavamo - Società, eravamo.

Ormai questo che scrivo è tutto ciò che ne rimane. Forse scrivo per rendere meno irreale il ricordo, per convincermi che è stato davvero, che è esistita un'Umanità perfetta, omnia a mala liberata.

Fino a quel giorno, forse il ventitrè del dodicesimo - penultimo - mese dell'anno 494 a mala debellata, secondo le poche, spesso confuse, a volte contraddittorie notizie che si diffusero nel caos che seguì. Si disse che fu un turista, durante una spedizione in una foresta equatoriale - Sud America? Africa? -, perso il resto del gruppo, vagando a casaccio, a fare la scoperta che nessuno riteneva più possibile: trovò un micro-ecosistema rimasto totalmente isolato dal resto del mondo. Fino a quel momento. Lo scopritore fu il primo a morire. I suoi compagni, ritrovatolo, portarono il corpo alla città più vicina: nessuno aveva visto un morto da quasi cinque secoli. Quello fu il primo, ma non certo l'ultimo. Morirono a centinaia, in pochi mesi. Sembrava di essere tornati ai tempi in cui imperversava quella peste di cui ci narrano gli scrittori antichi. Si ipotizzò che fosse stato liberato un parassita a cui, chissà come, non eravamo immuni - non erano immuni.

Come li invidio, ora. Sì, l'invidia, che da cinque secoli nessuno provava più, è tornata. Invidia per gli altri, i morti. Io li invidio, io, il sopravvissuto. Perché io? Perché? Perché c'è stato un sopravvissuto? Perché solo uno? Se lei...

Quando la morte avrebbe potuto prendermi, ero vicino a una stazione di controllo dello Scudo. Non sono ancora sicuro di cosa accadde, e non potrò mai più esserlo. Penso che si sia sentito male qualcuno dentro la stazione, uno qualunque, che guardava gli strumenti come avrebbe guardato un quadro o un panorama. Cadendo, ha probabilmente urtato qualcuno dei comandi manuali, lasciati dai costruttori per motivi di sicurezza, disattivando la sezione di Scudo sopra la stazione, sopra di me. I sistemi automatici hanno poi provveduto a riattivare lo Scudo, ma era troppo tardi: io e gli altri assieme a me eravamo rimasti esposti a nessuno saprà mai che cosa, e il mio destino era segnato.

Perché ho scritto destino? Non ci ho mai creduto. Nessuno ci ha mai creduto. Ma non si può spiegare altrimenti perché io solo sia sopravvissuto. Dovevo essere diverso fin dall'inizio, o forse sono stato colpito in maniera diversa dagli altri. Il risultato è che solo io, di tutti i due miliardi di esseri umani, sono sopravvissuto.

Ora sono solo.

Per quanto? Non so, nessuno sapeva quanto lunga può essere la vita, omnia a mala liberata.

Cosa posso fare per fuggire questa solitudine? Cosa? Non posso uccidermi: a parte la mancanza di ogni tipo di armi, le macchine me lo impedirebbero, come hanno impedito ogni tipo di incidente negli ultimi cinquecento anni. Ogni incidente, tranne l'ultimo e definitivo. Nei tempi passati si pensava che esseri da altri pianeti potessero visitarci: anche questa speranza è vana. Le macchine hanno eliminato i controlli manuali dello Scudo, giudicandoli pericolosi, e finch c'è lo Scudo, niente può entrare, neppure una nave spaziale.

Non posso morire. Sono contretto a vivere. Solo, in un esilio peggiore di ogni esilio mai immaginato. In saecula saeculorum.

Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una costola e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolto all'uomo, una donna, e la condusse all'uomo

Ogni volta che mi addormento sogno che questo si avveri, ogni volta che mi sveglio vedo che non si è avverato: sono solo, sempre, per sempre.

Lei era con me, quel giorno. Mi diceva che saremmo stati insieme per sempre. Perché tutti i sogni devono sempre essere infranti?

DateCreato: 2003-01-28 10:09:25 Ultima modifica: 2009-08-18 13:10:59